Il tennis non è solo tecnica, resistenza e strategia mentale: è anche uno degli sport con il vocabolario più bizzarro e affascinante. Da love che indica lo zero, al punteggio irregolare 15–30–40, fino all’iconica dichiarazione “game, set, match”, il gergo del tennis è tanto ricco quanto le sue tradizioni. Ma ti sei mai chiesto perché il tennis usa parole così strane? O da dove arrivano davvero questi termini?
Capire come funziona il punteggio può essere complicato per chi si avvicina al gioco per la prima volta, e persino i fan più esperti spesso non conoscono le origini dei termini che sentono ogni giorno. Perché si parla di break? Perché uno zero è un love? E che cos'è un tiebreak, oltre a un momento ad alta tensione a fine set?
In questo articolo faremo un viaggio linguistico nel cuore del tennis, esplorando la storia e il significato delle parole più iconiche del punteggio e del gergo tennistico. Dalle origini medievali francesi ai neologismi nati tra gli spogliatoi e i social, scoprirai che ogni termine racconta una storia.
La prossima volta che sentirai deuce o 40-love, saprai che dietro a quelle parole si nasconde molto più di un semplice numero. Preparati a servire qualche curiosità linguistica da veri appassionati.
1. Perché si dice Love nel tennis per indicare lo zero?
Tra tutte le stranezze del punteggio tennistico, poche sono iconiche quanto misteriose come l’uso della parola love per rappresentare lo zero. Se ti è mai capitato di sentire 15-love durante una partita, potresti aver pensato: “Perché proprio love? Cosa c’entra con il punteggio?”
La spiegazione più accreditata ci porta in Francia. Nei primi giochi simili al tennis, i giocatori francesi utilizzavano il termine l’œuf (cioè “l’uovo”) per indicare lo zero, a causa della sua forma rotonda, simile al numero 0. Quando il gioco si diffuse nei paesi anglofoni, la parola fu adottata, ma trasformata foneticamente in love, molto più semplice da pronunciare e ricordare.
Esiste anche una teoria più romantica (sebbene meno supportata storicamente): secondo alcuni, love indicherebbe il fatto che un giocatore, pur avendo zero punti, sta comunque giocando “per amore del gioco”, senza pensare al punteggio o al guadagno. Un’interpretazione affascinante, anche se considerata più una leggenda che una vera etimologia.
Non è un caso isolato: anche in altri sport esistono metafore alimentari per lo zero. Nel cricket, ad esempio, si parla di duck (anatra) proprio per la forma simile dello zero, derivata da duck’s egg.

Insomma, la prossima volta che sentirai dire “40-love”, sappi che non si tratta di una dichiarazione d’affetto, ma dell’evoluzione linguistica di una parola che ha attraversato secoli di storia e rotto le barriere tra lingue e sport.
2. Il mistero del punteggio 15, 30, 40: perché non 45?
Chi si avvicina per la prima volta al tennis rimane spesso perplesso da una domanda apparentemente semplice: perché il punteggio va 15, 30, 40? Non sarebbe più logico dire 15, 30, 45?
Questa sequenza insolita ha affascinato appassionati e storici per generazioni. Sebbene non esista una risposta univoca, ci sono alcune teorie molto interessanti che ci aiutano a capire l’origine del punteggio nel tennis.
La spiegazione più diffusa risale all’epoca medievale, quando il gioco era influenzato da sport francesi come il jeu de paume. In quel contesto, si ipotizza che il punteggio venisse segnato usando le lancette di un orologio: 15, 30, 45 minuti. Ma col tempo, il 45 sarebbe stato semplificato in 40 per favorire una chiamata più rapida e pratica del punteggio durante il gioco.

Un’altra interpretazione suggerisce che il punteggio a 40 permettesse l’inserimento naturale della regola del vantaggio (advantage). Dopo 40 pari (o deuce), serviva infatti uno spazio numerico per aggiungere un’ulteriore distinzione prima di chiudere il game. Con 45, la matematica sarebbe stata meno flessibile.
C’è poi l’ipotesi più semplice: con il passare del tempo, i giocatori e gli arbitri avrebbero abbreviato il 45 in 40 per comodità linguistica, dando vita a una convenzione che è poi diventata ufficiale.
Qualunque sia la vera origine, una cosa è certa: il punteggio 15–30–40 è uno degli elementi più riconoscibili e affascinanti del tennis, e rappresenta il perfetto equilibrio tra tradizione, logica imperfetta e teatralità sportiva.
3. Cosa significa Deuce nel tennis?
Tra i termini del punteggio tennistico che più confondono i nuovi giocatori, deuce occupa un posto speciale. Cosa significa esattamente deuce nel tennis — e perché lo usiamo?
La risposta, ancora una volta, sta nell’eredità linguistica, in particolare nell’espressione francese à deux le jeu, che si traduce approssimativamente con “il gioco è a due”. In altre parole, da questo momento un giocatore deve vincere due punti consecutivi per aggiudicarsi il game. Nel tempo, la frase fu abbreviata e anglicizzata in deuce, mantenendo l’idea dei due punti necessari per chiudere.
In termini pratici, deuce si verifica quando entrambi i giocatori raggiungono il punteggio di 40–40. Da lì, uno dei due deve vincere due punti di fila — il primo per ottenere il vantaggio, il secondo per vincere il game. Se l’avversario conquista il punto successivo, si torna a deuce, e il ciclo continua finché uno dei due non spezza l’equilibrio.

Ciò che rende deuce particolarmente interessante è il modo in cui unisce prestito linguistico e meccanica di gioco. Il termine non significa “pareggio” in senso stretto, ma riflette un momento soglia del game, in cui entrambi i giocatori sono vicinissimi alla vittoria ma devono superare un doppio ostacolo.
Nel tennis amatoriale, potresti sentire anche varianti o soprannomi informali per deuce — da espressioni goliardiche come “l’eterno loop” a scorciatoie come “40 pari”. Ma in qualunque modo lo si chiami, deuce rappresenta sempre un momento cruciale di ogni game combattuto.
Quindi, la prossima volta che ti ritrovi in un eterno deuce, ricordati: stai rivivendo un rituale del punteggio che ha attraversato i secoli — ed è tuttora uno degli aspetti più tesi e strategici del tennis.
4. Game, Set, Match. Anatomia della vittoria
Se hai mai guardato una partita di tennis professionistico, è probabile che tu abbia sentito la frase: “Game, set, match [Nome del giocatore]!” Ma cosa significa esattamente ciascuna parte di questa sequenza? Capire la struttura di game, set e match è essenziale per comprendere come si vince nel tennis — e come il suo sistema di punteggio costruisce tensione nel tempo.
Cominciamo dall’inizio.
Un game è l’unità di punteggio più piccola nel tennis. Per vincere un game, un giocatore deve conquistare almeno quattro punti e condurre con due di vantaggio (da qui le situazioni di deuce e vantaggio, se necessario). Vincere un game contribuisce alla conquista di un set.
Un set è una serie di game. Nella maggior parte dei formati professionistici, un giocatore deve vincere sei game con almeno due di vantaggio per aggiudicarsi un set. Se si arriva a 6–6, di solito si gioca un tiebreak per decidere il vincitore del set (ne parleremo più avanti). La struttura dei set può variare a seconda del torneo, con formati standard al meglio dei tre o dei cinque set.
torneo, con formati standard al meglio dei tre o dei cinque set. Infine, un match è l’intero incontro, composto da più set, secondo le regole della competizione. Quando il giudice di sedia annuncia “game, set, match”, sta dichiarando che tutti gli elementi necessari sono stati vinti da un giocatore o una squadra.

Ma da dove arrivano questi termini?
- Game deriva dall’inglese antico gamen, che significava svago o divertimento. È entrato molto presto nel vocabolario sportivo.
- Set, in questo contesto, probabilmente indica qualcosa di “definito” o “concluso”, ovvero un’unità di avanzamento all’interno del match.
- Match ha origini francesi (mache, mesche), e indicava un duello o una rivalità — perfetto per uno sport nato come sfida tra corti nobiliari.
Capire cosa significa davvero game, set, match aiuta non solo a comprendere come si vince nel tennis, ma anche come lo sport costruisce tensione su più livelli — dal singolo colpo al trionfo finale.
5. Cosa significa Break nel tennis? E Hold?
Nel tennis, non tutti i game hanno lo stesso peso. Alcuni sono molto più importanti — soprattutto quando c’è di mezzo un break del servizio. Ma cosa significa davvero breakare l’avversario? E cosa vuol dire tenere il proprio turno?
Cominciamo con le basi.
Quando un giocatore è al servizio e vince il game, si parla di hold. Tenere il servizio è considerato normale a quasi tutti i livelli del gioco, soprattutto nel tennis maschile dove i servizi potenti rendono difficile rispondere. Un hold significa che chi serve ha difeso con successo il proprio vantaggio.
Al contrario, se il giocatore in risposta riesce a vincere il game — impedendo all’avversario di tenere il servizio — si parla di break. Questo è un momento cruciale in qualsiasi match, perché strappare il servizio all’avversario dà un vantaggio nel punteggio senza dover ancora servire. Nei set equilibrati, un solo break può fare la differenza tra vincere e perdere.
Il termine è metaforico: chi risponde rompe il ritmo, la routine e il dominio di chi serve. Non si tratta di violare una regola, ma di spezzare un equilibrio.
Infatti, la battaglia tra hold e break è uno dei temi tattici centrali del tennis. I grandi battitori puntano a dominare con il servizio e cercano occasioni sporadiche per ottenere un break. I ribattitori, invece, cercano di approfittare delle seconde di servizio e mettere pressione sin dai primi punti del game.
Potresti anche sentir parlare di break di rientro, cioè quando un giocatore appena breakato riesce a breakare subito a sua volta. Questi cambiamenti di slancio possono capovolgere completamente l’andamento del match.

E se tattica e psicologia giocano un ruolo importante in questi scambi, anche l’attrezzatura fa la sua parte, soprattutto quando si parla di come la racchetta gestisce le vibrazioni all’impatto. Oggi, sempre più giocatori si affidano a dampener avanzati per migliorare il feeling e ridurre lo stress sul braccio.
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Dunque, la prossima volta che senti un commentatore dire “break fondamentale”, ricordati che non si tratta solo di un game vinto, ma di una presa di controllo sul set, sul ritmo e, a volte, sull’intero match.
6. Ace! Il servizio vincente
Poche cose nel tennis sono soddisfacenti quanto sentire il suono pulito di un servizio imprendibile che passa l’avversario senza che riesca a toccare la palla. Questo è un ace, uno dei colpi più spettacolari e definitivi del gioco. Ma cosa significa esattamente ace nel tennis, e da dove arriva il termine?
Un ace si verifica quando un giocatore serve la palla e vince il punto direttamente, senza che l’avversario riesca a toccarla con la racchetta. È la dimostrazione massima di dominio al servizio, e spesso è un’arma fondamentale per chiudere game o set molto combattuti. Più ace mette a segno un giocatore, più facilmente tiene il proprio servizio.
Ma perché chiamarlo ace?
Il termine arriva dal mondo delle carte da gioco, dove l’asso è in genere la carta più alta e preziosa del mazzo. Nello sport, ha finito per indicare un gesto perfetto o imbattibile, un’azione che non lascia risposta. Il tennis ha adottato questo termine nei primi decenni del Novecento, e da allora è rimasto perché descrive perfettamente l’effetto di un servizio pulito e inarrestabile.
I migliori professionisti come John Isner, Ivo Karlović e Roger Federer sono noti per mettere a segno centinaia, o addirittura migliaia, di ace in una stagione. Alcune partite possono trasformarsi in vere e proprie maratone di ace, in cui entrambi i giocatori si affidano soprattutto al servizio per evitare scambi lunghi.

Curiosamente, non tutti gli ace dipendono dalla potenza pura. Precisione, effetto e tempismo possono essere altrettanto decisivi. Un servizio slice piazzato perfettamente può essere letale quanto un missile a 220 km/h dritto al centro.
In sintesi, l’ace non è solo un punto, ma un colpo psicologico, un segnale di controllo, e spesso un momento da highlight. La prossima volta che sentirai “ace!” riecheggiare sul campo, sappi che stai assistendo a una delle micro-vittorie più iconiche del tennis.
7. Bagel e Breadstick: quando il punteggio parla di cibo
Solo nel tennis il tabellone può sembrare un menù da forno. Se hai sentito un commentatore dire che un giocatore ha “servito un bagel” o è uscito con un semplice breadstick, hai appena fatto ingresso nel mondo del gergo più gustoso del tennis. Ma cosa significano davvero questi termini e da dove vengono?
Un bagel si riferisce a un set vinto 6–0. Il collegamento? È tutta una questione di forma: lo zero ricorda un bagel rotondo. Quindi, quando un giocatore non conquista nemmeno un game in un set, si dice che è stato “bagellato”. È un modo ironico per descrivere quella che è, in realtà, un'umiliazione totale, spesso difficile da digerire per chi la subisce.
L’origine del termine è attribuita principalmente all’ambiente del tennis statunitense, in particolare tra gli anni ’70 e ’80, quando il linguaggio informale cominciò a diffondersi tra giocatori e commentatori. Il celebre John McEnroe viene spesso citato come uno di quelli che contribuirono alla sua popolarità durante gli esordi.
Poi c’è il breadstick, che descrive un set finito 6–1. Anche qui, la logica è visiva: il numero 1 assomiglia a un bastoncino di pane. Non è severo come un bagel, ma suggerisce comunque una prestazione a senso unico.
Per rendere il tutto ancora più saporito, giocatori e tifosi a volte combinano i due: una partita vinta 6–0, 6–1 può essere descritta con ironia come un menu bagel e breadstick. E se il risultato è 6–0, 6–0, si parla di “double bagel”, sempre con un misto di umorismo e pietà.
Quel che è interessante è che questi termini, pur essendo informali, sono diventati così comuni che anche i commentatori ATP e WTA li usano durante le telecronache. Li trovi persino sui social, nei meme e nei commenti post-partita dei giocatori stessi.

Quindi, anche se queste metafore alimentari possono sembrare assurde all’inizio, sono ormai parte integrante della cultura del tennis. Nel tennis, un bagel non riguarda i carboidrati. Riguarda controllo, dominio e la crudele poesia del punteggio.
8. Tiebreak e Super Tiebreak.
Come sono nati questi termini
Il tennis è uno sport ricco di tradizione, ma quando si tratta di evitare partite infinite, anche i giochi più storici hanno bisogno di soluzioni moderne. Ed è qui che entra in scena il tiebreak, un’invenzione relativamente recente che è diventata una parte fondamentale del modo in cui oggi si decide un match. Ma cos’è esattamente un tiebreak, e da dove viene il termine?
Un tiebreak è un formato speciale di punteggio che si utilizza quando i giocatori arrivano a 6–6 in un set, pensato per determinare rapidamente il vincitore del parziale. A differenza dei game tradizionali, in cui servono almeno due game di vantaggio, il tiebreak si gioca come una mini-partita — di solito a 7 punti, con almeno due punti di margine. Chi vince il tiebreak conquista il set per 7–6.
Il nome è molto esplicito: serve a spezzare la parità. Semplice, elegante, ed efficace. Il tiebreak è stato introdotto ufficialmente nel tennis professionistico all’inizio degli anni ’70, grazie soprattutto all’americano James Van Alen, frustrato dai set interminabili e dalla durata imprevedibile degli incontri.
Curiosamente, il formato originale era ancora più drammatico — chiamato “sudden death tiebreaker”, si giocava ai 5 punti senza possibilità di margine. Un solo punto sul 4–4 decideva tutto! Col tempo, questo sistema è stato sostituito da versioni più bilanciate, simili a quelle attuali.

Poi c’è il super tiebreak, noto anche come match tiebreak. Questo formato si usa più spesso nei doppi o nei tornei con tempi ridotti, e sostituisce il terzo set. Le regole? Si gioca fino a 10 punti, sempre con due di vantaggio. È un modo veloce e intenso per chiudere un match senza logorare troppo i giocatori.
Anche se non tutti i puristi lo amano, sia il tiebreak che il super tiebreak hanno reso il tennis più comprensibile e gestibile — specialmente nei circuiti professionistici con calendari serrati.
Oggi, espressioni come “ha vinto il tiebreak 7–4” o “si sono aggiudicati il match con un super tiebreak” sono comuni a ogni livello del gioco, dai tornei juniores agli Slam. E proprio come deuce o break, anche tiebreak è ormai più di una regola — è parte integrante della mente tennistica.
9. Gergo tennistico.
Moonball, Tweener e altri termini spiegati
Oltre al punteggio ufficiale e ai termini codificati, il tennis ha sviluppato un vocabolario ricco e spesso divertente. È qui che la creatività prende il sopravvento — in campo, negli spogliatoi e sui social. Da moonball a tweener, queste espressioni aggiungono colore alla telecronaca e aiutano i giocatori a descrivere momenti che il linguaggio tradizionale non riesce a cogliere.
Partiamo dal moonball. Una moonball è un colpo alto, carico di topspin e molto arcuato, spesso usato per rimettere in equilibrio lo scambio o infastidire avversari troppo aggressivi. Il nome deriva dal fatto che la traiettoria della palla ricorda il percorso della luna nel cielo. I giocatori che usano spesso questa tattica vengono chiamati moonballer — e anche se spesso sottovalutati, la loro regolarità può mandare fuori giri anche i colpitori più potenti.
Poi c’è il tweener, uno dei colpi più spettacolari del tennis. Il tweener (abbreviazione di between-the-legs shot) si esegue quando un giocatore rincorre un pallonetto e colpisce la palla in corsa, facendo passare la racchetta tra le gambe. È in parte un gesto di emergenza, in parte una prova di spettacolo — e quando riesce, manda il pubblico in visibilio.

Altri termini di slang tennistico molto diffusi includono:
- Dead net: quando la palla colpisce il nastro e cade appena oltre, impossibile da recuperare — un colpo fortunato.
- Jammer: un servizio o colpo indirizzato direttamente sul corpo dell’avversario, che ne limita la libertà di movimento.
- Serve-and-volleyer: un giocatore che va a rete subito dopo il servizio — stile classico, oggi meno comune nell’era dei colpi da fondo campo.
Potresti anche sentire frasi come paint the line (per un colpo perfettamente piazzato sulla riga), shank (un colpo mal centrato che parte in direzioni imprevedibili), o bag check (modo scherzoso per dire che qualcuno ha giocato così male da dover impacchettare tutto e tornare a casa).
Molti di questi termini variano in base alla regione o alla cultura dei giocatori — lo slang australiano è particolarmente creativo, mentre il tennis universitario americano ha un suo vocabolario interno. In ogni caso, il gergo tennistico è un linguaggio che riflette la personalità del gioco. È creativo, ironico e profondamente legato alla psicologia del match.
Quindi, che tu stia guardando uno scambio pieno di moonball o un tweener al momento giusto, sappi che stai assistendo al tennis che parla un dialetto tutto suo, in continua evoluzione e sempre divertente.
10. Dal campo alla cultura
Quando il tennis entra nel linguaggio comune
Il tennis non vive solo tra le linee del campo: si è lentamente infiltrato anche in riunioni aziendali, discorsi politici e conversazioni quotidiane, grazie alla forza espressiva del suo linguaggio. Col tempo, molti termini tennistici sono diventati metafore universali che vanno ben oltre lo sport.
Prendi l’espressione game, set, match. Usata originariamente per indicare la fine ufficiale di un match, oggi viene utilizzata per segnalare una vittoria totale e definitiva in qualsiasi tipo di sfida. Potresti sentirla in politica (“Quel dibattito è stato game, set, match”), nel lavoro (“Abbiamo chiuso l’accordo — game, set, match”), o persino in discussioni personali. È un modo per comunicare una chiusura con autorità e senza appello.
Un altro esempio è match point, il momento in cui un giocatore è a un punto dalla vittoria. Nel linguaggio comune, match point viene usato per descrivere una situazione cruciale, ad alta tensione, soprattutto quando tutto può decidersi in un attimo. Titoli come “Match point per la politica climatica” o “Match point per la sopravvivenza della startup” sono sempre più frequenti.
Anche il concetto di break point è stato adottato per descrivere punti di svolta o momenti di opportunità strategica. In una trattativa o in una decisione importante, si può dire “Siamo al break point, è il momento di cambiare passo.”

Queste espressioni funzionano perché la struttura del tennis, con i suoi punteggi multilivello, i cambi di slancio e i momenti decisivi, rispecchia perfettamente molti conflitti e risoluzioni della vita reale. Le metafore del tennis comunicano urgenza, rischio e conclusione in modo immediato.
In più, l’estetica raffinata del tennis e la sua visibilità globale hanno aiutato a diffondere il linguaggio del gioco anche attraverso moda, marketing e media. Proprio come il tennis bracelet o la polo Lacoste (di cui abbiamo parlato in un nostro articolo precedente), anche il vocabolario del tennis è diventato parte del nostro modo di parlare, scrivere e vendere idee.
Quindi, la prossima volta che qualcuno dice “è game, set, match”, non pensare solo a un campo centrale. Pensa a quanto il tennis abbia segnato la nostra cultura, non solo con racchette e scambi, ma anche con le parole stesse che usiamo per raccontare la competizione, la pressione e la vittoria.
Conclusioni. Ascolta il linguaggio del tennis
Da love e deuce a bagel, ace e match point, il linguaggio del tennis non è solo un insieme di termini di punteggio, ma un ricco intreccio di storia, ironia e espressione umana. Ogni parola racconta una storia: di origini nobili, di evoluzioni tecniche, o di giocatori che hanno trovato nuovi modi per descrivere le emozioni in campo.
Per chi è alle prime armi, questi termini possono sembrare strani all’inizio. Ma per i fan e i giocatori di lunga data, diventano un codice condiviso che unisce la community tennistica mondiale, attraverso generazioni e continenti.
Ciò che rende questo vocabolario così affascinante è che non si ferma al bordo del campo. Il linguaggio del tennis ha fatto il salto nel parlato quotidiano, si è radicato nella cultura pop, e ha persino influenzato il modo in cui descriviamo conflitti, strategie e successi nella vita di tutti i giorni.

Quindi, la prossima volta che sentirai un commentatore gridare “game, set, match!” o ti troverai in una situazione da deuce al lavoro o nella vita, prenditi un momento per apprezzare l’eleganza di questa eredità linguistica. Il tennis non parla solo con racchette e colpi, parla anche con le sue parole.
🎾 Hai voglia di scoprire altre curiosità sul tennis?
Dai un’occhiata al nostro articolo sul perché i campi in terra rossa sono i più unici del tennis o scopri come prevenire il gomito del tennista.
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